Tranquilli, Sono Vivo: Pause di riflessione

martedì, marzo 24, 2009

Pause di riflessione





Una volta ero più geloso delle mie stranezze. Tutti quanti hanno delle nevrosi, questo l'avevo già capito prima di leggermi il manuale di psichiatria per lo studentello indifeso, ma alle mie ero particolarmente attaccato. Capivo perfettamente che gli altri le vedevano, le riconoscevano tra mille e ne ridevano anche, ma non ne parlavo mai. Ero profondamente convinto che ogni stranezza, quando rivoltata sul suo lato normalmente nascosto e lasciata immobile a zampe all'aria come una tartaruga, rivelasse una qualità luminosa e unica. Per questo coltivavo le mie stranezze, se potevo le ricalcavo, mi ci rotolavo dentro nudo mentre urlavo agli altri "guarda! guarda!". Come se, facendole crescere, sviluppassi anche le qualità nascoste ad esse legate.

Oggi sono un po' meno fiducioso verso le qualità nascoste delle stranezze. E soprattutto ho scoperto che mi piace moltissimo parlare delle mie. Tra le mie favorite, quella che ho imparato a riconoscere quasi subito è la mia incredibile capacità di assentarmi da qualsiasi discorso per dirigermi, a velocità supersonica, verso il pensiero che il mio interlocutore ha appena interrotto.

Questo tipo di atteggiamento, in parte volontario, in parte meno, ha delle conseguenze spaventose.
1) A breve termine, sono costretto ad annuire quando l'interlocutore ha terminato il suo discorso, possibilmente con un sorriso.
2) Se il discorso termina con una domanda, anche di circostanza, è un momento di terrore. Particolarmente terribile quando le persone terminano una frase con un "no?!". In quel momento, avendo perso tutto il discorso precedente, non sai assolutamente a cosa è riferita la negazione finale. Un ottimo stratagemma è scuotere la testa lentamente, fingendo sconsolatezza, magari aggiungendo un "eeehhhh...."
3) Se dal tono di voce ho intuito che il discorso è assolutamente generalista, adoro concludere con un bel "del resto è così"
4) Certe volte capita di avere a che fare con persone logorroiche. Persone che sono in grado di andare avanti per un quarto d'ora davanti a uno come me che oggettivamente li sta assecondando da almeno quattordici minuti e mezzo, senza accorgersi di nulla. I logorroici sono i miei preferiti. Dopo una serata passata con un logorroico, uno se ne va a dormire con la coscienza pulita, felice di aver fatto vita sociale insieme agli altri e contemporaneamente essere riuscito a ritagliarsi degli spazi, enormi spazi, per i cazzi propri.

5) Ale è un mio caro amico. Generalmente non è logorroico, anzi. Le volte in cui Ale torna a far visita al nostro paesello, semina il terrore in tutti noi. Se Ale è in città, puoi star certo che quella sera riceverai una predica da parte di tua madre. Ale è l'idolo delle madri perchè è bravo, è un bel ragazzo, studia e si mantiene da sempre. Se Ale è in città, quella sera tua madre ti chiederà perchè diavolo non sei come lui. Perchè sei così pigro? Perchè lui riesce a fare tutto e tu no?
Un giorno Ale vinse meravigliosamente una gara di atletica e sulla pagina sportiva del giornale, quella domenica, campeggiava la scritta a caratteri cubitali "La Legge di Alessandro". Lo prendemmo in giro per anni, facendo la sua imitazione in stile Robocop, mentre recitava, fermo e risoluto: "Io Sono La Legge".
A parte questo, un giorno ero andato al mare con Ale. Non ricordo se fosse fidanzato a quel tempo, ma ricordo che nel viaggio di ritorno, in treno, mi parlò a lungo di quanto il costume di una nostra vicina di ombrellone le rendesse particolarmente giustizia. Concordavo e il discorso riuscì a catturare la mia attenzione per lungo periodo, quando, ad un certo punto, virò verso il fatto che Ale era tornato a fare sport dopo un periodo di pausa e che quel giorno ne aveva approfittato per fare una lunga nuotata. Si sa come sono gli sportivi quando ti parlano di certe cose. Si soffermano a dirti quante bracciate al minuto hanno fatto, per quanti metri, dopo quanti metri hanno cambiato stile di bracciata, quanto era la pressione di ossigeno nel loro sangue venoso a metà allenamento, e così via. Dopo cinque minuti ero andato. Raggiunto il climax della sua spiegazione tecnica, Ale mi fece una domanda. Mi resi conto che non era una domanda di circostanza e che ero costretto a dare una risposta. La puntai sulla probabilità e risposi: "Sì.".
Lui si fermò un attimo, interdetto, poi replicò: " Ma come sì? Non era una domanda a cui si può rispondere sì. Non hai sentito una parola di quello che ho detto, vero?"
E' stata l'unica volta in cui mi hanno beccato. Da allora, quando mia madre mi fa il culo perchè non sono come Ale io le rispondo: "Guarda, non so se tu vorresti davvero che io capissi tutte le cose come le capisce Ale. Guarda che lui sa.". Riesco sempre ad ammutolirla.

1 Commenti:

Blogger bonny ha detto...

Un metodo infallibile per non ascoltare qualcuno/a e allo stesso tempo farlo/a prendere bene e' dire ad intervalli di tempo regolari e con espressione convinta:" che storia!"

15/4/09 16:28  

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